2PI Lampade ad induzione

TECNOLOGIE

L'induzione magnetica.

Questa famiglia di lampade a scarica prende il nome dal principio di funzionamento: l'eccitazione del Gas contenuto nel tubo avviene per mezzo dell'induzione elettromagnetica e non tramite reattori e starter.
Le lampade, non avendo elettrodi al proprio interno, sono in grado di aumentare l'affidabilità e le prestazioni luminose.
Alcune caratteristiche di questa tecnologia la rendono particolarmente adatta in specifiche applicazioni, anche se paragonate ai più efficienti LED.

lampade a induzione magnetica

Principio di funzionamento.

Le lampade a induzione magnetica emettono luce allo stesso modo delle lampade fluorescenti. Ciò che le differenzia da queste ultime sono le modalità di eccitazione del gas contenuto nel bulbo di vetro. Ma andiamo con ordine.
Un gas contenente vapori di mercurio è contenuto all'interno del bulbo di scarica, tale gas viene generato da una piccola quantità di amalgama di mercurio situato su un lato del bulbo stesso.
Il gas riceve energia dal campo magnetico ad alta frequenza prodotto dalla bobina, emettendo radiazioni elettromagnetiche ad alta frequenza sotto forma di raggi ultravioletti.
L'ultravioletto, invisibile all'occhio umano, colpisce il rivestimento interno del bulbo, trattato con uno strato di fosfori i quali, colpiti ed eccitati a loro volta, emettono una fluorescenza visibile.
Il colore della luce prodotta dipende dallo strato fluorescente. Il vetro sarebbe comunque in grado di bloccare i raggi UV anche in caso di mancanza di un tratto di strato fluorescente.
Il ballast elettronico genera una corrente ad alta frequenza che alimenta gli induttori. Le frequenze variano da 200 kHz a oltre 13 MHz. La tensione prodotta dal ballast ha valori simili a quelli in ingresso, tuttavia all'accensione viene prodotto un picco generalmente maggiore di 500 V al fine di avviare il processo di scarica del gas.

Se il ballast ha come scopo primario quello di alzare la frequenza dell'alimentazione, tutto il resto della lampada può essere visto come un trasformatore avente gli induttori come primario e il circuito di scarica a gas come secondario, che lavora chiuso su un carico equivalente.
Il ballast della lampada ad induzione normalmente richiede una tensione tra 110 e 250 V a frequenza di 50 o 60 Hz, ed il fatto che sia separato dal circuito a gas ne incrementa molto la vita operativa.
Le lampade con ballast integrato hanno una vita media di 50.000 ore, quelle con ballast separato partono da 100.000 ore, rendendo l'elettronica a bordo (ballast) in effetti, il punto debole della catena di affidabilità.


I vantaggi assoluti.

  • Durata tra 65.000 ore per i modelli a ballast interno e 100.000 ore per quelli a ballast esterno;
  • Efficienza elettrica media del 97% grazie alle alte frequenze in gioco;
  • Efficienza luminosa tra 70 e 90 lm/W rispettivamente per lampade a ballast integrato e a ballast separato;
  • Invecchiamento della luce ridotto rispetto alle lampade a incandescenza (che soffrono di evaporazione del filamento) e alle lampade a scarica convenzionali;
  • avvio istantaneo rispetto a tutte le forme di illuminazione industriale convenzionale, a vapori di mercurio, a vapori di sodio, a alogenuri metallici;
  • Riciclabilità a causa della possibile separazione dei componenti e del mercurio (allo stato solido)
>> NOZIONI DI ILLUMINOTECNICA

Le principali grandezze illuminotecniche

La qualità della Luce assume un ruolo fondamentale per la realizzazione di un progetto illuminotecnico: i fotoni interagiscono con la materia, gestendo la percezione della stessa e influenzandone lo stato di conservazione. Progettare l'illuminazione risulta quindi, oltre che una necessità, soprattutto una grande opportunità nella quale alle conoscenze pratiche si deve accompagnare una comprensione degli aspetti culturali, psicologici e percettivi.

Il progetto illuminotecnico si basa su grandezze fondamentali che determinano la qualità dell'intervento e che vanno comprese a fondo al fine di garantire un sapiente utilizzo dei mezzi a disposizione.

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Le curve fotometriche

É noto che l'intensità luminosa è una grandezza che deve essere associata ad una direzione. Non avrebbe molto significato parlare della intensità di un corpo illuminante in una unica direzione.
Per caratterizzare in modo completo un apparecchio, bisogna piuttosto avere una visione precisa delle intensità uscenti in tutte le direzioni. Bisognerebbe, in altre parole, disporre di una tabella, che ci dica per ogni direzione il valore dell'intensità.
Molto più efficacemente si usano, in illuminotecnica, delle rappresentazioni dette curve fotometriche, che esprimono, in forma grafica, i valori di intensità associati ad ogni direzione.
Sapendo qual è la direzione che ci interessa, possiamo leggere sul grafico il valore di intensità: un semplice disegno sostituisce dunque una intera tabella. La lettura di una curva fotometrica può creare qualche difficoltà a chi non ha molta dimestichezza con grafici e diagrammi polari: cercheremo di spiegarla in modo semplice.

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New discoveries in vision
affect lighting practice

Sam M. Berman
Senior Scientist Emeritus
Lawrence Berkeley National Laboratory
Berkeley, CA 94720

>> leggi New discoveries in vision affect lighting practice
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